VATICINIA NOSTRADAMI (parte quarta)
La crisi ultima della Chiesa
Tavola Pittorica 55 (53)
Ampolla con scettro a forma di giglio e tre punte all’estremità opposta. Lo scettro sembrerebbe richiamare lo stemma di papa Francesco, con i 3 chiodi del simbolo dei gesuiti e il fiore di nardo di S. Giuseppe che in molte rappresentazioni è dipinto come un giglio o un fiore di mandorlo.
Tavola Pittorica 56 (54)
Calice con giglio, serpente inghiotte o rilascia tre semi. Segue probabilmente l’attribuzione della Tavola 55.
Tavola Pittorica 54 (52)
Cervo con giglio. Il cervo rappresenta Cristo, ma come già detto è anche simbolo del Sud America Andino. Il giglio può richiamare il fiore di nardo dello stemma di papa Bergoglio oppure un potere che deve ancora manifestarsi: il Grande Monarca.
Tavola Pittorica 63 (61)
Una colonna sembra cadere, piede con serpente che insidia il calcagno. La colonna può rappresentare la Chiesa, con il Colonnato di Piazza S. Pietro. La colonna che cade è la Chiesa che cade sotto il peso degli attacchi interni ed esterni. Siamo infatti nel tempo preconizzato della Tribolazione. Il serpente che insidia il calcagno richiama Genesi 3,15 dove il Signore maledice il serpente: <<Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno>>.
Il serpente non vincerà poiché la Chiesa è sotto la protezione speciale di Maria che gli schiaccerà la testa.
Ma la crisi della Chiesa richiama anche il passo di Giovanni 13,18: <<Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma si deve adempiere la Scrittura: Colui che mangia il pane con me, ha levato contro di me il suo calcagno>> dove Gesù, riferendosi a Giuda il traditore, richiama il Salmo 40,10: <<Anche l’amico in cui confidavo, anche lui, che mangiava il mio pane, alza contro di me il suo calcagno>>. Non è escluso che in queste citazioni bibliche si nasconda la corretta interpretazione anche della Tavola 56 (54). Il tradimento di molti uomini di Chiesa alla mondanità, per citare papa Francesco, porterà all’apostasia e alla Tribolazione.
Tavola Pittorica 64 (62)
I divini nemici combattono in cielo.
Tavola Pittorica 58 (56)
Un Basilisco oscuro afferra un pastorale o forse una spada. Un sole raggiante brilla nel cielo. Forse il sole araldico dello stemma di papa Francesco.
Tavola Pittorica 75 (73)
Un eremita benedettino, vestito all’antica maniera, seguito da un giovane monaco, allunga una mano come a chiedere qualcosa. Una borsa è attaccata alla vita e un piccolo demonio aleggia sopra di lui. Benedetto XVI ha dovuto affrontare, oltre agli scandali della pedofilia, quelli legati all’affarismo e al carrierismo ecclesiastico che hanno l’epicentro nella Banca Vaticana dello IOR, proprio come ai tempi del predecessore Giovanni Paolo II. Certamente uno dei pochi uomini fidati della sua cerchia è stato il giovane segretario personale Mons. Gaenswein. Un altro eremita benedettino, con la borsa alla cinta, somiglia molto a quello della nostra Tavola Pittorica. Il suo nome era Pietro da Morrone (dipinto in alto), divenuto papa Celestino V, colui che operò il gran rifiuto. Onorato da papa Ratzinger nel suo ultimo viaggio a L’Aquila poco tempo prima di ripeterne le gesta oltre settecento anni dopo. Notare la presenza dell’orso sulla destra che richiama lo stemma araldico di Benedetto XVI e il volatile in cielo che richiama il piccolo demonio.
Tavola Pittorica 79 (77)
Immagine tragica. Il clero e il popolo vengono fatti a pezzi per le strade da altri popolani. Il papa con altri prelati fugge dalla città, Roma, mentre un esercito giunge in soccorso. Il dipinto richiama il sogno profetico di Giuseppe Melchiorre Sarto, San Pio X. Ma come sappiamo visioni e profezie hanno sempre un duplice significato, letterale e simbolico, materiale e spirituale. Un altro sogno profetico di un grande Santo Italiano, San Giovanni Melchiorre Bosco è il seguente (notare l’uguaglianza del secondo nome dei due santi): 24 maggio – 24 giugno 1874
Era una notte oscura, gli uomini non potevano più discernere quale fosse la via da tenersi per far ritorno ai loro passi, quando apparve in cielo una splendidissima luce che rischiarava i passi dei viaggiatori come di mezzodì. In quel momento fu veduta una moltitudine di uomini, di donne, di vecchi, di fanciulli, di monaci, monache e sacerdoti, con alla testa il Pontefice, uscire dal Vaticano schierandosi in forma di processione.
Ma ecco un furioso temporale; oscurando alquanto quella luce sembrava ingaggiarsi una battaglia fra la luce e le tenebre. Intanto si giunse ad una piccola piazza coperta di morti e di feriti, di cui parecchi domandavano ad alta voce conforto.
Le fila della processione si diradarono assai. Dopo aver camminato per uno spazio che corrisponde a duecento levate di sole, ognuno si accorse che non erano più in Roma. Lo sgomento invase l’animo di tutti, ed ognuno si raccolse al Pontefice per tutelarne la persona ed assisterlo nei suoi bisogni.
Da quel momento furono veduti due angeli che, portando uno stendardo, l’andarono a portare al Pontefice dicendo: “Ricevi il vessillo di Colei che combatte e disperde i più forti popoli della terra. I tuoi nemici sono scomparsi; i tuoi figli colle lacrime e coi sospiri invocano il tuo ritorno”. Portando poi lo sguardo nello stendardo vedevasi scritto da una parte: “Regina sine labe concepta”; e dall’altra: “Auxilium cristianorum”.
Il Pontefice prese con gioia lo stendardo, ma rimirando il piccolo numero di quelli che erano rimasti intorno a sé divenne afflittissimo. I due angeli soggiunsero: va’ tosto a consolare i tuoi figli. Scrivi ai tuoi fratelli dispersi nelle varie parti del mondo, che è necessaria una riforma nei costumi e negli uomini. Ciò non si può ottenere se non spezzando ai popoli il pane della Divina parola. Catechizzate i fanciulli, predicate il distacco dalle cose della terra. E’ venuto il tempo, conchiusero i due angeli, che i popoli saranno evangelizzatori dei popoli. I leviti saranno cercati fra la zappa, la vanga ed il martello, affinché si compiano le parole di Davide: “Dio ha sollevato il povero dalla terra per collocarlo sul trono dei principi del suo popolo”.
Ciò udito il Pontefice si mosse, e le fila della processione cominciarono a ingrossarsi. Quando poi pose piede nella Santa Città si mise a piangere per la desolazione in cui erano i cittadini, di cui molti non erano più. Rientrato poi in San Pietro intonò il Te Deum, cui rispose un coro di angeli cantando: “Gloria in Excelsis Deo, et in Terra pax hominibus bonae voluntatis”. Terminato il canto, cessò affatto ogni oscurità e si manifestò un fulgidissimo sole.
Le città, i paesi, le campagne erano assai diminuite di popolazione; la terra era pesta come da un uragano, da un’acquazzone e dalla grandine, e le genti andavano una verso l’altra con animo commosso dicendo: Est Deus in Israel.
Dal cominciamento dell’esilio al canto del Te Deum, il sole si levò duecento volte. Tutto il tempo che passò per compiersi quelle cose corrispondono a quattrocento levate del sole.
Di quale pontefice si parla? Abbiamo già visto che l’inizio di questa fase storica, quella della Fine dei Tempi e della Tribolazione, del sogno di S. Pio X e della visione di Fatima, delle apparizioni di Garabandal e di S. Giovanni Bosco, coincide con le dimissioni di Benedetto XVI. Pertanto il papa in questione potrebbe essere proprio Francesco. Don Bosco dice: “Catechizzate i fanciulli, predicate il distacco dalle cose della terra. E’ venuto il tempo, conchiusero i due angeli, che i popoli saranno evangelizzatori dei popoli. I leviti saranno cercati fra la zappa, la vanga ed il martello, affinché si compiano le parole di Davide: “Dio ha sollevato il povero dalla terra per collocarlo sul trono dei principi del suo popolo”. Sembrano pronunciate da papa Francesco. Un’ ultima curiosità: S. Giovanni Bosco è nato a Castelnuovo d’Asti. Anche il nonno dell’attuale pontefice viene dagli stessi luoghi oggi rinominati Castelnuovo Don Bosco.